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Storia di Jensen Huang, CEO di NVIDIA

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Nvidia è globalmente considerata una delle aziende più innovative grazie all'invenzione rivoluzionaria dell'unità di elaborazione grafica, comunemente nota come GPU (graphic processing unit). Ad oggi, questa tecnologia alimenta robot umanoidi, permette la progettazione di set cinematografici virtuali ed è persino utilizzata nella creazione di farmaci per combattere alcune malattie.

L'insaziabile domanda delle GPU di Nvidia, ampiamente utilizzate anche in ogni tipo di intelligenza artificiale, dunque, non è un dato sorprendente. E non sorprende nemmeno che l'azienda abbia raggiunto risultati stratosferici, diventando una dei quattro colossi statunitensi con una valutazione in borsa di più di 2.000 miliardi di dollari insieme a Microsoft, Apple e Alphabet, la società madre di Google. A marzo, il CEO Huang ha presentato Blackwell, l'ultima GPU dell'azienda, dichiarando che si tratta non solo del chip più veloce di sempre, ma anche di quello più adatto per l'AI. 

In questo articolo ripercorreremo la storia di Nvidia, del suo CEO Jensen Huang e di come è diventata l'azienda leader di settore che è oggi. 
 

Da un Denny's alla Silicon Valley

Jen-Hsun Huang, conosciuto negli USA come Jensen, è nato in Taiwan ed è emigrato in America a 9 anni con la famiglia. Da giovane lavorava come lavapiatti in un Denny's (catena di fast-food americana). E proprio in un Denny's, quando era già un ingegnere elettronico di 30 anni con moglie e figli, fondò Nvidia, insieme ai co-fondatori Chris Malachowsky e Curtis Priem. I padri dell'azienda sognavano allora di rivoluzionare la grafica dei videogiochi creando un chip capace di accelerare la potenza di elaborazione dei computer. Il loro primo tentativo però fallì e rischiarono la bancarotta nel 1996, complice anche l'inesperienza nel mondo del business. Ma le cose cambiarono rapidamente: riuscirono a creare la prima GPU e a conquistare il mercato dei videogiochi. A distanza di soli otto anni dalla fondazione nel Denny's, Nvidia si è guadagnata un posto nell'S&P 500, il più importante indice azionario statunitense. 


Ma Huang è stato ancora più lungimirante e ha successivamente puntato sullo sviluppo di un supercomputer basato su GPU, che avrebbe portato l'azienda ben oltre i videogiochi. A Wall Street sembrava un azzardo, ma Huang era convinto che la sua tecnologia era perfetta per i primi sviluppatori dell'intelligenza artificiale.
Nel 2016 il CEO ha consegnato il primo supercomputer di Nvidia (e del suo genere) a Elon Musk, allora membro del consiglio di amministrazione di OpenAI, che l'ha utilizzato per creare gli i primi modelli GPT.

Oggi la tecnologia di Nvidia è applicata nei settori più disparati. L'AI costruita su GPU Nvidia, per esempio, promette una simulazione dei modelli meteorologici della Terra 3.000 volte più veloce dei supercomputer attuali (consumando meno energia). Ma la lista di altri usi delle unità grafiche è lunga. Cuebric utilizza le GPU Nvidia per trasformare rapidamente messaggi di testo in set cinematografici virtuali, Generate:Biomedicines le impiega nella creazione di nuovi farmaci a base di proteine, mentre la startup Figure ha sviluppato un robot umanoide alimentato da GPU Nvidia. 

Poi, come sappiamo, l'AI è esplosa e con lei anche la reputazione di Huang, che adesso è una celebrità della Silicon Valley. Il CEO di Nvidia non sembra però aver mai immaginato il suo successo: “È una cosa straordinaria, Bill, che un normale lavapiatti possa diventare così”, dichiara Huang a Bill Whitaker, corrispondente di 60 Minutes. Le persone che lavorano con Huang lo descrivono come un perfezionista estremamente esigente e una persona per cui non è facile lavorare. “è giusto che sia così”, risponde il CEO. “Se si vogliono fare cose straordinarie, non dovrebbe essere facile”.

Sull'impatto dell'AI Huang sembra decisamente ottimistico: se aumenta la produttività delle aziende - sostiene il CEO - aumentano anche i loro profitti, e dunque la loro capacità di assumere lavoratori: la presenza umana nel sistema lavorativo è ancora necessaria “perché abbiamo una buona capacità di giudizio” e “perché ci sono circostanze che le macchine non sono in grado di capire”.

Huang ha posizioni altrettanto integrate in merito al futuro dell'AI: “Abbiamo bisogno che l'intelligenza artificiale ci aiuti a esplorare l'universo in posti che non avremmo mai potuto fare da soli”

Fonte
 

Case Studies D&R Biblioteca