L'AI influenza le elezioni politiche?
Se il 2023 è stato l'anno dell'avvento della GenAI (con ChatGPT in primo piano), il 2024 è -ad ora- l'anno dei primi, rapidissimi passi in avanti. Ma il 2024 è anche un'annata di grandi e importanti elezioni democratiche in America, Inghilterra, India, Indonesia, Messico e Taiwan. Si tratta, dunque, delle prime elezioni dell'era dell'AI. La domanda sorge allora spontanea: l'intelligenza artificiale può influenzare le elezioni politiche?
La risposta non è scontata. Intuitivamente, dal momento che l'AI ha modificato il contesto mediale in cui siamo immersi ed ogni altro aspetto della nostra vita, è logico pensare che sì, certo: la nuova tecnologia può avere un impatto politico. Questo ragionamento, perfettamente comprensibile, è il punto di partenza dei vari complotti tecnologici e delle visioni ultra-distopiche degni del miglior cinema fantascientifico o fantapolitico.
In "Vota Waldo", episodio della serie Black Mirror, un avatar virtuale irriverente si candida alle elezioni, mettendo in luce la manipolazione politica e la disillusione della società.Tuttavia, The Economist suggerisce di essere moderatamente scettici rispetto all'influenza dell'AI sulle elezioni democratiche:
Gli accademici tendono a concordare. Le loro ricerche suggeriscono che gli americani sono così abituati a essere bombardati da affermazioni e controaffermazioni sulla politica che sono più o meno impermeabili alla persuasione, sia da parte di fake news che di notizie veritiere.
L'AI può essere uno strumento politico?
Fatta questa doverosa premessa, è indubbio che l'AI, come è avvenuto storicamente per i social e per ogni altra tecnologia, può essere utilizzata nei periodi di campagna elettorale (sia positivamente che negativamente). Considerati questi aspetti, è lecito chiedersi: in che modo l'AI può fungere da strumento politico? A tal proposito, Bernard Marr, un punto di riferimento nel campo dell'AI internazionale, ha recentemente pubblicato un contributo su Forbes sulle possibili applicazioni politiche dell'intelligenza artificiale.
Deepfakes e disinformazione
L'AI è uno strumento capace di creare deepfakes audio e video ultra-realistici: si prendano, ad esempio, i casi di Joe Biden o Rishi Sunak. L'abuso del potenziale dell'AI potrebbe dunque danneggiare la reputazione politica di alcuni personaggi o potenziare le fake news per quantità, qualità e credibilità. Tuttavia, al momento, creare video così vicini alla realtà non è ancora automatico e, soprattutto, la propaganda politica fa ricorso alla disinformazione o alla manipolazione delle notizie da secoli: l'AI non ha inventato nulla di nuovo. Strumenti per produrre testi e immagini falsi esistono da decenni e resta il fatto che il più grande strumento di amplificazione delle fake news sono i social media, non l'AI. Inoltre, i principali sviluppatori di modelli AI e le grandi multinazionali come Meta, Google, OpenAI e Anthropic promettono un continuo monitoraggio affinché i loro prodotti non vengano utilizzati a scopo politico, e si stanno impegnando nello sviluppo di tecnologie in grado di smascherare i contenuti sintetici. Secondo The Economist, infine, se anche l'abuso politico dell'AI si rivelasse efficace, tali tattiche verrebbero impiegate dalle molte parti e fazioni interessate: "l'effetto cumulativo di queste operazioni di influenza sarebbe quello di rendere i social network ancora più cacofonici e inutilizzabili. È difficile dimostrare che la sfiducia si traduca in un vantaggio sistematico per una parte rispetto all'altra". L'unica reale preoccupazione è che l'aumento del flusso di informazioni inaffidabili possa alimentare il cinismo e la sfiducia degli elettori, minando nel lungo termine la loro fiducia nel processo democratico.
Microtargeting e influenza degli algoritmi AI
Un'altra applicazione politica degli algoritmi AI consiste nel microtargeting, cioè nella pratica di personalizzare all'inverosimile i messaggi e i contenuti politici sui social grazie alla precisione dell'AI. Tuttavia, anche in questo caso si tratta di una prassi ben consolidata: ancora una volta l'AI potenzia senza creare nulla di nuovo. Inoltre, la capacità di tali contenuti di influenzare effettivamente le opinioni politiche degli elettori è ancora dubbia. Esperimenti condotti su piattaforme social come Twitter e Facebook hanno mostrato effetti minimi o nulli sull'atteggiamento politico e sulla polarizzazione degli utenti: è probabile che il suddetto scetticismo diffuso verso i messaggi politici limiti l'impatto di queste tecniche.
Candidati politici virtuali
La più "distopica" - ma anche la più interessante - applicazione politica dell'AI consiste, infine, nella creazione di candidati politici virtuali. Già nel 2018 il robot Alisia era stato candidato alle elezioni russe per gareggiare contro Putin, ma non ha avuto i risultati sperati e sembra essere scomparso dalla circolazione. Più recentemente, con l'avanzamento della tecnologia, casi simili si sono moltiplicati. Significativa è la candidatura di "AI Steve", un politico virtuale, alle elezioni generali nel Regno Unito del 4 luglio (qui il sito ufficiale), che tuttavia sembra aver ottenuto soltanto 179 preferenze. Scenari come quello della puntata di Black Mirror sembrano dunque essere ancora lontani dalla nostra realtà.
In conclusione, mentre l'intelligenza artificiale offre nuovi strumenti potenzialmente influenti nella comunicazione politica, il suo impatto reale sulle elezioni non sembra giustificare, almeno per ora, gli scenari più pessimisti. La resilienza degli elettori alla manipolazione, combinata con lo scetticismo diffuso verso i messaggi politici, funge da barriera naturale contro l'abuso di queste tecnologie. Ma occorre mantenere alta l'attenzione: lo sviluppo continuo dell'AI potrebbe portare a risvolti imprevisti in futuro. La chiave per preservare l'integrità dei processi democratici risiede nella combinazione di regolamentazioni adeguate, educazione digitale dei cittadini e costante monitoraggio delle nuove tecnologie. Solo così potremo sfruttare il potenziale positivo dell'AI, minimizzando i rischi di manipolazione e disinformazione.
Fonti e approfondimenti:
The Economist
The Economist (elezioni americane)
Forbes